Da Leno all’Europa: le novità dal sito archeologico di Villa Badia

 

Interessanti novità sono emerse durante la breve e intensa campagna di scavo da poco conclusa, condotta sull’area del monastero di San Benedetto di Leno. Le ha illustrate domenica scorsa, nell’ambito della Fiera di San Benedetto, il prof. Fabio Saggioro, dell’Università degli Studi di Verona.

Presentazione scavi

L’area di villa Badia sottoposta ad indagine archeologica sta mostrando con prove sempre più consistenti che l’abbazia di San Salvatore, fondata da re Desiderio nel 758, era divenuta un centro monastico di livello europeo nei secoli centrali del medioevo. La sua importanza non era esclusivamente religiosa e spirituale ma senza ombra di dubbio essa aveva assunto un ruolo centrale anche nella vita culturale, economica e politica nel cuore della pianura Padana, con dirette connessioni con il resto d’Europa.

Nel settore settentrionale degli scavi” ha precisato il prof. Saggioro, responsabile dell’indagine archeologica iniziata nel 2014 sotto la direzione della Soprintendenza per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Brescia “dove già nel 2017 erano state scoperte le tracce di un edificio precedente al monastero, la cui datazione ha evidenziato come fosse già in uso nel corso del VII° secolo, l’attuale indagine ha potuto stabilire con certezza che l’area era già occupata da una struttura di grandi dimensioni e con caratteristiche eccezionali per l’epoca, aprendo così la strada all’ipotesi di un centro di potere che giustifica anche la successiva erezione del monastero.

Foto tracciato palazzo web
Già nella campagna di scavo del 2010, che aveva interessato il settore meridionale del sito monastico, aveva evidenziato resti di buche di palo, focolari e capanne, che fanno ipotizzare nei pressi del grande edificio la presenza di un esteso abitato sempre precedente al monastero. Al momento non sono state osservate le tracce di un insediamento di età romana o tardo antica, anche se molto materiale risulta reimpiegato nelle strutture alto medievali. Si è inoltre compreso che questo settore dell’abitato era lambito da un piccolo fiume che venne nel tempo regolato, incanalato e probabilmente sfruttato per attività produttive. Il corso fluviale dovette quindi segnare il confine dell’area dell’insediamento, delimitato nei secoli centrali del medioevo da strutture di riempimento e varie palizzate di cui sono state rinvenute le complesse articolazioni nel corso degli scavi.

Con la fine del regno longobardo il grande edificio venne assorbito nel complesso delle strutture del nascente monastero e gli scavi appena conclusi hanno mostrato come esso non fosse costituito da un solo grande vano, ma si articolasse in realtà in una serie composita di vani che le prossime campagne si incaricheranno di mettere in evidenza. Vennero infatti realizzate nuove strutture di ottima qualità e fattezza, probabilmente legate alle prime fasi monastiche. La comparsa di una canalina per lo scolo o lo scorrimento dell’acqua ci lascia capire che gli edifici erano di altissimo livello qualitativo per l’epoca.

Canalina

L’indagine ha altresì mostrato come nella sua fase monastica la destinazione dell’ampia superficie dell’edificio fosse domestica: addossati alla parete settentrionale, sono stati trovati i resti di un grande focolare di 2 metri per uno. Inoltre è emersa una lunga trave lignea, appoggiata al perimetrale occidentale, che ci lascia intuire come l’alzato di questi edifici potesse essere realizzato con tecnica mista e in larga parte in legno. Sarà importante – ha concluso il prof. Saggioro – capire la fine di queste strutture, che sembra doversi inquadrare in una fase tra XI e XII secolo, quando l’area cambiò radicalmente la propria destinazione”.

L’archeologa Martina Moretti ha poi illustrato alcuni dei reperti più significativi rinvenuti, che consentono di affermare “che il monastero nell’alto medioevo era uno snodo di commerci e scambi di lungo percorso con materiali che provengono sia dall’area alpina, sia dall’area adriatica e dal Mediterraneo. Significativa la grande quantità di pietra ollare e vari frammenti di anfore globulari,che segnalano intensi scambi con l’Adriatico e che testimoniano la centralità di Leno nel quadro degli scambi dell’Italia Settentrionale già nelle fasi precedenti alla fondazione dell’abbazia”.

Novità di grande interesse, che troveranno puntuale descrizione nel volume “Il monastero di San Benedetto di Leno. Archeologia di un paesaggio in età medievale”, curato dal prof. Saggioro, che sarà presentato l’autunno prossimo. L’importante pubblicazione si aggiunge al recente volume di Angelo Baronio, coordinatore scientifico della Fondazione Dominato Leonense Il sogno di Desiderio re dei longobardi, la cui figura si staglia da protagonista nel panorama lenese, che il lavoro degli archeologi sta riscoprendo e che risulterà ancor più definito con la prossima edizione delle carte del monastero, che i paleografi dell’Università di Pavia, coordinati dal prof. Ezio Barbieri, stanno trascrivendo per l’edizione del Codice Diplomatico Leonense.

Nel testimoniare la propria soddisfazione per le novità emerse Franco Aliprandi il segretario della Fondazione ha annunciato che in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia, sono state avviate le pratiche presso il Ministero dei Beni Culturali per la realizzazione in Villa Badia di un centro studi e ricerca per la conservazione e valorizzazione di tutti i reperti archeologici, ora custoditi presso la Soprintendenza, provenienti dalle necropoli e dagli scavi del territorio di Leno.

A tutti ha rivolto un caloroso ringraziamento il dott. Vittorio Biemmi, presidente di Cassa Padana e della Fondazione Dominato Leonense, confermando a sua volta la volontà di continuare a sviluppare gli importanti programmi avviati dalla Fondazione, con l’augurio che altre realtà del territorio si uniscano allo sforzo di sostenere il complesso impegnativo progetto, che riserva ogni anno sorprese entusiasmanti.

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